23.05.2010
I geni rendono faticoso perdere grasso
Adamo ed Eva, l’uomo e la donna delle caverne, uscivano alla ricerca di carne fresca, bacche e lamponi: sfortunatamente tigri dai denti ben affilati davano loro la caccia fino al ritorno alla loro caverna e quindi Adamo e la sua famiglia dovevano aspettare ad uscire di nuovo fino a che le tigri non se ne fossero andate. Per sopravvivere l’unico modo era fare ricorso alle loro riserve di grasso. Fino a tempi recenti la scarsità di cibo è stato il problema più serio che l’umanità si sia trovata a fronteggiare: oggi il problema si pone solo per determinate popolazioni in situazioni socio-economiche drammatiche. Ma sino a due secoli fa il benessere a tavola era concentrato solo in una ristretta élite mentre la maggior parte della popolazione doveva faticare a mettere il cibo sulla tavola. Di conseguenza i nostri geni hanno favorito l’accumulo di grasso per fare fronte a periodi di scarsità di cibo, si sono cioè programmati. Tale argomento è stato più volte affrontato sulle pagine di questa rivista e alla Convention di Bellaria da Simone Masin dell’Università Bicocca di Milano. Questo sistema genetico è stato fondamentale ai tempi di Adamo ed Eva, lo è meno ai nostri giorni in tempi di super modelle anoressiche. Ricercatori della Albert Einstein School of Medicine di New York City, nel loro studio pubblicato su Proceeding National Academy of Sciences, hanno isolato il processo genomico delle sostanze chimiche che regolano l’accumulo di grasso. Quando si riuscirà a capire con esattezza come funziona l’accumulo di grassi, gli scienziati potrebbero trovare il modo di rendere questi geni “meno efficaci”. Forse non dovremo aspettare migliaia di anni prima che i nostri geni si abituino all’abbondanza di cibo.